L’amata (e l’amante) di Pedro Salinas

di Sonia Costa

La commossa e mutevole etopea dell’amata, centrale nella poesia di Pedro Salinas degli anni ‘33-‘38, ha procurato non poco imbarazzo alla critica, divisa tra chi, giudicando le esperienze narrate in versi individuate e non (sempre) emblematiche, ha voluto vedere nel Tu femminino un’identità determinata, e tra chi invece ha scartato con forza qualsiasi ipotesi di autenticità. Avverso all’idea di una coincidenza tra Tu lirico e Tu empirico, Leo Spitzer, in un saggio risalente al 1941 e composto quale discorso per il ricevimento di Salinas alla Johns Hopkins University, affermò che la realtà della donna doveva essere necessariamente ricercata soltanto nella speculazione metafisica del poeta stesso. Si tratterebbe, a suo dire, di un puro e semplice «fenomeno di coscienza»:

Non conosco poesia d’amore dove la coppia amorosa si riduca, fino a tal punto, all’io del poeta, ove la donna viva soltanto in funzione dello spirito dell’uomo e non sia altro che un suo fenomeno di coscienza. (Leo Spitzer, Il concettismo interiore di Pedro Salinas, in Id., Cinque saggi di ispanistica, Presentazione e contributo bibliografico a cura di Giovanni Maria Bertini. Collaborazione di Roberto Radicati Di Marmorito, Torino, Giappichelli, 1962, pp. 229-230.)

Mantenendo un atteggiamento più equilibrato, R. Gullón, in un articolo apparso nel 1952 sulla rivista «Asomante», è riuscito ad offrire una buona sintesi della questione, considerando sì l’opera come riflesso di una «relación controlada por el juego de la inteligencia», ma strettamente dipendente dalla sensualità (R. Gullón, La poesia de Pedro Salinas, in «Asomante», 2, VII, abril-junio 1952, pp. 32-45, cit. in Pedro Salinas, La voz a ti debida. Razón de Amor. Largo Lamento, cit., p. 22). Parimenti, J. Gonzales Muela, pur riconoscendo la presenza di una donna reale e non di una finzione fantastica, di un’entelechia, ha proposto di relativizzare l’importanza del vissuto all’interno dell’opera saliniana; e tuttavia non ha mancato di polemizzare apertamente contro Leo Spitzer, accusato di aver costretto Salinas nelle sue “idee spitzeriane”, mortificando le “idee salinane” che il poeta si era costruito a partire dall’amata, una donna decisamente concreta (in Pedro Salinas, La voz a ti debida, Razón de Amor, Edición, introducción y notas de J. Gonzales Muela, Madrid, Castalia, 1969, p. 21). Al d là dei singoli interventi più o meno persuasivi, la trilogia saliniana è stata nel tempo recepita, secondo l’interpretazione più accreditata, come opera di poesia metafisica, in cui il processo di comunicazione stabilito con l’amata è pretesto per l’espressione di nozioni concettuali e astratte intorno all’amore e all’esistenza. Inquadrato l’autore come fautore della poesia pura, si parla di una donna fittizia, celebrale, intellettualizzata, pura ed essenziale come la parola che, di volta in volta, la ricrea e plasma secondo le diverse esigenze espressive.
Se, da un lato, le numerose interpretazioni dei “lettori non ingenui” rilevano come il discorso poetico saliniano attinga proprio a questa monocorde ispirazione amorosa i suoi esiti più alti, dall’altro ricordano la necessità, per un’esegesi appropriata, di una ricostruzione attenta dei rapporti tra “mondo reale” e “mondo poetico”.
A partire dal 1 luglio 1999 è stato possibile consultare presso la Houghton Library di Harvard una collezione di lettere e poesie che Pedro Salinas inviò, tra il 1932 e il 1947, a Katherine Reding Whitmore. Le ragioni del ritardo con cui ci è giunta tale corrispondenza dipendono dalle forti riserve nutrite dalla nordamericana, palesate a più riprese all’interno dell’epistolario indirizzato a Jorge Guillén:

Hay que confesar que ciertas cosas que me contó usted me preocupan -pero no hay nada que hacer. Sepan lo que sepan, hagan lo que hagan, tengo que confiar en los amigos de Pedro. Me gustaría desaparecer con todos mis documentos, pero es dificíl cuando hago de profesora de español. Una amada debería ser una persona legendaria y siempre joven. Es indigno que sea vieja y prosaica. La única excepción que haría en este anónimo que anhelo sería la de usted.

(Devo confessare che certe cose che mi ha raccontato mi preoccupano- però non posso farci nulla. Qualunque cosa sappiano e facciano, devo confidare negli amici di Pedro. Mi piacerebbe sparire con tutti i miei documenti, ma è difficile dal momento in cui sono una professoressa di spagnolo. Una amata dovrebbe essere una persona leggendaria e sempre giovane. È indegno che sia vecchia e prosaica. L’unica eccezione che farei a questo anonimato tanto desiderato sarebbe per lei.)

Il carteggio tra la statunitense e Guillén, oltre a documentare le rimostranze della donna, il suo narcisismo implicito nella costante preoccupazione dell’immagine di sé da proiettare dentro e fuori il mondo scritto, è testimonianza degli sforzi del fedele amico di Salinas affinché fosse preservato e pubblicato l’epistolario tra i due amanti.
Il 26 novembre del 1979, dalla California, la Whitmore finalmente confermò il trasferimento del materiale in suo possesso ad Harvard. Successivamente, informò Guillén di aver arricchito il suo lascito di una «pequeña historia», ossia di alcune informazioni utili alla ricostruzione della sua relazione con Pedro Salinas e, di conseguenza, allo svelamento della realtà celata nel monosillabico e opaco nome cantato in La voz a ti debida, Razón de Amor e Largo Lamento. Tale “piccola storia”, titolata La amada de Pedro Salinas, è stata tradotta dalla professoressa Concepción Díez de Revenga Ruiz e pubblicata, con il permesso della Harvard University ma non quello degli eredi della Whitmore, da Enric Bou in appendice a Cartas a Katherine Whitmore. In apertura, si legge:

Desde la muerte de Pedro Salinas en 1951, se han publicado varios artículos que hablan acerca de la identidad del “tú” de La voz a ti debida, Razón de amor y Largo lamento. Yo he guardado silencio, pero ahora que entrego los manuscritos de Pedro, las cartas y ediciones únicas de su poesías a la Biblioteca de Harvard, me ha parecido buena idea incluir un breve relato de la relación amorosa que le inspiró.

(Dalla morte di Pedro Salinas nel 1951, si sono pubblicati vari articoli pertinenti all’identità del “tu” de La voz a ti debida, Razón de amor e Largo Lamento. Ho mantenuto il silenzio, però ora che consegno i manoscritti di Pedro, le lettere e gli esemplari unici delle sue poesie alla Biblioteca di Harvard, mi è sembrata una buona idea includere un breve resoconto della relazione amorosa che li ha ispirati.)

Il racconto prosegue con la descrizione particolareggiata dei primi incontri nell’estate del ’32, di quello che fu amore a prima vista tra un docente e una sua allieva. Volgendo lo sguardo a quei giorni, con commozione, Katherine aggiunge:

¡Hay que ver cómo los acontecimientos más maravillosos dependen de las decisiones más triviales! […] Me había visto en clase. Ya había caído el relámpago y la persecución había comenzado.

(Da vedere come gli avvenimenti più meravigliosi dipendano dalle decisioni più triviali! […] Mi aveva vista in classe. Caduto il fulmine, l’inseguimento aveva avuto inizio.)

E, provando a spiegare quel «flechazo», cita i noti versi de La voz a ti debida:

Yo no necesito tiempo
para saber cómo eres;
conocerse es el relámpago.

(Non ho bisogno di tempo
per sapere come sei:
conoscersi è luce improvvisa.)

Da Madrid, la Whitmore si recò a Mallorca con al seguito l’amica e collega Caroline Bourland. In quel frangente, ebbe inizio la corrispondenza con Salinas, che, oltre a dedicarle lettere appassionate, non mancava di offrirle, quale pegno amoroso, poesie occasionate dal suo ricordo. Sfogliando le pagine de La amada de Pedro Salinas, infatti, si legge:

Desde Madrid, Miss Bourland y yo viajamos a Mallorca. Poco después de nuestra llegada empecé a recibir cartas…, cartas con extraños jeroglíficos verdes, al principio ilegibles, que pronto pasarían a serme tan queridos y entrañables. El primer poema en llegar fue:

Yo no puedo darte más.
No soy más que lo que soy.

(Da Madrid, Miss Bourland e io ci spostammo a Mallorca. Poco dopo il nostro arrivo, iniziai a ricevere lettere… lettere con strani geroglifici verdi, inizialmente illeggibili ma che subito cominciarono a essermi cari e amorevoli. La prima poesia ad arrivare fu:

Io non posso darti di più.
Non sono che quello che sono.)

Dal rientro della donna negli Stati Uniti, la relazione si mantenne esclusivamente per via epistolare fino all’anno seguente. Come è da immaginarsi, data la volontà di un colloquio assiduo e intimo malgrado le distanze, la corrispondenza risultò fittissima:

Durante el invierno siguiente, mi vida secreta absorbía todo mi tiempo y no creía necesario cumplir con mis obligaciones académicas de la universidad. Las noticias más importantes del New York Times eran los horarios de llegada y salida de los barcos que llevaban nuestras cartas. Fue una época de júbilo, maravilla. El librito Amor en vilo incorpora esos primeros poemas, que aparecerían después en La voz. Captan la esencia de ese primer invierno, amor con fuego y sin sombras, sin rastro de realidad que apagara nuestro entusiasmo.

No en palacios de mármol, no en meses, no, ni en cifras nunca pisando el suelo:
en leves mundos frágiles
hemos vivido juntos…(La voz a ti debida)

Me gustaría citar varios pasajes que describen ese periodo inicial, pero están a la disposición de los lectores de La voz. Sin embargo, hay uno que no puedo omitir, ya que capta la esencia del espíritu de Pedro. Aparece al final del poema que comienza “Qué de pesos inmensos”:

¡Sí, las almas, finales!
¡Las últimas, las siempre elegidas, tan débiles, para sostén eterno
de los pesos más grandes! Las almas, como alas sosteniéndose solas
a fuerza de aleteo desesperado, a fuerza de no pararse nunca, de volar, portadoras por el aire, en el aire,
de aquello que se salva.

(Nell’inverno successivo, la mia vita segreta assorbì totalmente il mio tempo e non stimavo necessario assolvere ai miei obblighi accademici con l’università. Le notizie più importanti del New York Times erano gli orari di arrivo e partenza delle navi che portavano le nostre lettere. Fu un’epoca di giubilo, di meraviglia. Il libricino “Amor en vilo” incorpora queste prime poesie, che appariranno in seguito ne “La voz”. Captano l’essenza di questo primo inverno, amore con fuoco e senza ombre, senza traccia di realtà che spegnesse il nostro entusiasmo.

Non in palazzi di marmo,
non in mesi, no, né in cifre,
mai calpestando il suolo:
in lievi mondi fragili
abbiamo vissuto insieme.

Mi piacerebbe citare vari passaggi che descrivono questo periodo iniziale, però sono a disposizione dei lettori de “La voz”. Tuttavia, ce n’è uno che non posso omettere, in quanto coglie l’essenza dello spirito di Pedro. Compare alla fine della poesia che comincia “Che immensità di pesi”:

Sì, le anime, finali!
Le ultime, le sempre
elette, sì fragili,
ad eterno sostegno
dei pesi più grandi!
Le anime, ali
che sole si librano
con virtù di remeggio
disperato, a furia
di non fermarsi mai,
di volare, portatrici
per l’aria, nell’aria,
di quel che si salva.

Nel giugno 1933, Katherine e Pedro si rincontrarono in occasione del soggiorno della donna presso Santander per assistere alla prima sessione dell’Universidad Internacional, istituzione che Salinas aveva aiutato a fondare e della quale era direttore. Data la convivenza di docenti e alunni presso il Palacio de la Magdalena, i due amanti ebbero modo di ritrovarsi quotidianamente. E tuttavia l’atmosfera sembrò non propiziare il loro amore:

La realidad empezó a filtrarse por las nubes de nuestro amor en vilo. Este cambio de humor se refleja en los poemas de Razón de amor, que son más fluidos, inquisitivos y, a veces, violentos. Aun así, todavía, estábamos enamoradísimos, y durante el invierno siguiente las cartas iban y venían con la misma frecuencia y entusiasmo que antes

(La realtà cominciò a insinuarsi per le nubi del nostro “amor en vilo”. Questo cambio di umore si riflette nelle poesie di Razón de amor, che sono le più mutevoli, inquisitorie e, a volte, violente. Anche così, ancora eravamo innamoratissimi e durante l’inverno successivo le lettere andavano e venivano con la stessa frequenza ed entusiasmo di prima.)

La corrispondenza tra Pedro Salinas e Katherine Whitmore risulta sospesa tra l’autunno 1934 e l’estate del 1935. L’interruzione è motivata dalla presenza della nordamericana a Madrid per l’intero anno accademico in qualità di dirigente del contingente di studenti dello Smith Collage all’estero. Come ricorda la donna ne La amada di Pedro Salinas, furono mesi inquieti e in cui eventi e circostanze attentarono a più riprese l’armonia della coppia al punto da lasciar presagire, soprattutto in seguito al disvelamento della relazione da parte di Margarita Bonmartí (moglie del madrileno che, alla scoperta, tentò il suicidio), una definitiva rottura. Tale risultava essere, in effetti, la volontà di Katherine. Tuttavia, come spiega la donna, le fu difficile troncare la relazione (e la corrispondenza) ex abrupto, considerando che Pedro, oltre ad attraversare un momento difficile, aveva intenzione di trasferirsi negli Stati Uniti necessitando, pertanto, sostegno.
Lo scambio epistolare subì una notevole battuta d’arresto in seguito al matrimonio della donna con Brewer Whitmore nel 1939. Successivamente, Salinas continuò ad inviare lettere sporadiche, indirizzate, forse per una sorta di negazione freudiana, a Katherine Reding invece che Whitmore, nome della donna da sposata, fino alla totale interruzione intorno al ’43, anno del decesso del marito dell’amante, nonché del suo trasferimento a Puerto Rico. Tornato negli USA, Pedro ebbe finalmente modo di confrontarsi con la sua musa e di motivare il suo silenzio con i contraccolpi della censura sofferti in quegli anni. L’ultimo incontro fu a Northampton nel 1951, pochi mesi prima dalla morte del poeta. Così Katherine ricorda quella circostanza:

Había venido a Northampton para dar una conferencia y podimos hablar unos minutos. Yo siempre había albergado la esperanza que llegara a entender por qué tuve que romper con él. Así que se lo pregunté otra vez: “¿no entiendes por qué tuve que ser así?”. Me miró con tristeza y contestó: “No, la verdad es que no. Otra mujer, en tu lugar, se habría considerado muy afortunada”. Eso, querido Pedro, es sin duda cierto, pero “yo no soy más que lo que soy”. Se marchó; yo no sabía que estaba enfermo y que no volvería a verlo nunca más.

(Era venuto a Northampton per tenere una conferenza e potemmo parlare qualche minuto. Avevo sempre nutrito la speranza che arrivasse a intendere perché dovetti rompere con lui. Quindi glielo domandai ancora: “non capisci perché doveva andare così?” Mi guardò con tristezza e rispose: “No, la verità è: no. Un’altra donna, al tuo posto, si sarebbe ritenuta fortunata.” Questo, amato Pedro, è sicuramente vero, però “non sono che quella che sono”. Se ne andò; non sapevo che era malato e che non l’avrei rivisto mai più.)

E conclude, con palesata commozione:

Este sencillo relato de la unión y separación de Salinas y su “amada” no da cuenta de la riqueza de nuestro encuentro. Fue emocionante, alegre, devastador y triste para ambos. Verdaderamente, tenía “Beauty and Wonder and Terror”, cita del Epipsychidion de Shelley que sirve de prefacio en La voz a ti debida. Cuando releo sus cartas después de tantos años y paso las páginas de los exquisitos volúmenes que encuadernó especialmente para mí, me pregunto cómo el destino pudo ser tan amable. […] Él me ayudó en más maneras de las que puedo contar y estoy infinitamente en deuda con él. Y yo, ¿qué le aporté a él? Fuera un error o no, fui yo quien le dio el ímpetu para crear su mejor poesía en las alegrías y en las penas. Ambos deberíamos estar satisfechos.

(Questo semplice resoconto dell’unione e separazione di Salinas e la sua “amada” non afferra la ricchezza del nostro incontro. Fu emozionante, fu allegro, devastante e triste per entrambi. Veramente aveva “Beauty and Wonder and Terror”, citazione dell’Epipsychidion di Shelley che funge da prefazione a La voz a ti debida. Quando rileggo le sue lettere dopo tanti anni e sfoglio le pagine degli squisiti volumi che inquadernò soprattutto per me, mi domando come il destino poté essere così amabile […] Mi aiutò in una maniera che non posso raccontare e sono infinitamente in debito con lui. E io, cosa gli ho apportato? Che sia stato un errore o meno, fui io a dargli l’impulso a creare la sua miglior poesia nelle gioie e nelle pene. Entrambi dovremmo ritenerci soddisfatti.)

 

*Le lettere inviate da Katherine Whitmore a Jorge Guillén tra il 1945 e il 1983, conservate nella Biblioteca Nacional de España con segnatura ArchJG100/27-28, sono consultabili in Laurie Mar Garriga Barbosa, Nueva luz sobre Pedro Salinas: el epistolario de Katherine Whitmore a Jorge Guillén. Edición y estudio, Máster Universitario en Literatura Española, Universidad Complutense de Madrid (UCM), 2013, http://eprints.ucm.es/
** La amada de Pedro Salinas rientra nel lascito della Whitmore alla Houghton Library, segnatura «bMS Span 107 (1)»

Di | 2019-03-29T18:14:12+01:00 21 Marzo, 2019|Critica letteraria|
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